
Gli effetti psicologici delle notizie di guerra: cosa succede dentro di noi quando il conflitto è lontano, ma vicino allo schermo
Negli ultimi anni, l’esposizione costante a notizie di guerra — attraverso TV, social media e piattaforme online — ha avuto un impatto significativo sulla salute mentale, anche tra chi vive lontano dai conflitti.
Ansia e stress costante
Il bombardamento continuo di immagini violente, testimonianze drammatiche e titoli allarmanti può attivare una risposta di “allerta continua”. Il cervello interpreta il pericolo come imminente,
anche se non lo è direttamente, generando stress cronico, insonnia e difficoltà di concentrazione.
Empatia traumatica
L’empatia ci rende umani, ma può anche diventare un veicolo di sofferenza. Esporsi ripetutamente al dolore altrui può generare una forma di “trauma vicario”, che si manifesta con tristezza
profonda, senso di impotenza o sensi di colpa per la propria condizione di “sicurezza”.
Desensibilizzazione emotiva
Al contrario, un'esposizione prolungata e incontrollata può portare alla perdita di sensibilità. Le notizie sembrano tutte uguali, e si rischia di non provare più nulla, come meccanismo di difesa
psicologico.
Disturbi dell’umore e rabbia
La frustrazione per l’apparente ingiustizia e per l'incapacità di fare qualcosa può trasformarsi in rabbia, cinismo o apatia. Nei casi più gravi, può aggravare depressione e altri disturbi
dell’umore già esistenti.
Cosa possiamo fare?
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Limitare l’esposizione alle notizie (es. non guardare notiziari prima di dormire)
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Verificare le fonti per evitare fake news e sensazionalismo
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Parlare con qualcuno di ciò che si prova
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Praticare attività che favoriscono il benessere mentale (es. meditazione, sport, natura)
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Sostenere concretamente cause umanitarie, se possibile: anche un piccolo gesto può restituire un senso di agency.
Le notizie di guerra ci toccano, anche se non ci colpiscono direttamente. Essere informati è importante, ma lo è anche proteggere la nostra salute mentale.
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